
Alle giornate internazionali di Amsterdam il prof. Gaetano M. De Ferrari del Policlinico San Matteo di Pavia - commenta lo Studio IMPROVE-IT sulla Sindrome Coronarica Acuta che ha confrontato ezetimibe in associazione con simvastatina, ed ezetimibe solo, rispetto al placebo. Nella terapia standard con simvastatina si è raggiunto un livello di colesterolo inferiore ai 70 mg/dl , ovvero quanto definito dalle linee guida internazionali per i pazienti a rischio molto alto. Con l’associazione di ezetimibe si è ottenuto una riduzione del 24% fino a 54 mg/dl fortemente al di sotto dei livelli consigliati come obiettivo di trattamento. Un altro passaggio importante sul tema il prof. De Ferrari anticipando i dati italiani dello studio osservazionale europeo DYSIS II su circa 700 pazienti in prevenzione secondaria in cura in centri ospedalieri di riferimento. Pazienti in media a 18 mesi da SCA o rivascolarizzazione miocardica hanno una percentuale di raggiungimento dell’obiettivo di 70 mg/dl in 36 pazienti su 100 e 24 pazienti su 100 sono al di sopra dei 100 mg/dl dimostrando che c’è ancora mota strada da fare per portare i malati al target ottimale. In questo gruppo di pazienti solo il 9% non assume statine (intolleranti?) ed il 13% assume simvastatina o torvastatina associata con ezetimibe. Vi è quindi – conclude De Ferrari - ampio potenziale per l’ingresso di farmaco che inibisca l’assorbimento di colesterolo, per aumentare la percentuale di pazienti a target.
Il prof. Roberto Pontremoli affronta il tema delle strategie per la riduzione del rischio c.v. nei pazienti diabetici: focus sul trattamento della dislipidemia. L’utilizzo delle statine, farmaci ampiamente utilizzati anche in questa categoria i pazienti, purtroppo non raggiunge il target in più del 50% dei casi. Dal punto di vista fisiopatologico, oltre che epidemiologico, i pazienti diabetici trattati con ezetimibe e statina, trovano un eccezionale beneficio in quanto iperassorbitori, caratteristica clinica che permette di assorbire a livello intestinale una quota di colesterolo. Un’altra categoria di pazienti sono quelli affetti da insufficienza renale cronica. “Fino a poco tempo fa – spiega il prof. Pontremoli – esisteva un vero e proprio paradosso in quanto i soggetti a insufficienza renale cronica, pur essendo ad alto rischio, sembravano non giovarsi di un trattamento sistematico di una terapia ipolipemizzante. Tendenza poi invertita dopo la pubblicazione dello studio SHARP che ha dimostrato come i pazienti con valori di LDL normali trattati con l’associazione eze-simva, hanno ridotto gli eventi aterosclerotici.
